Il gioco delle lobby e la bizzarra ragione di sicurezza. Di chi è figlio l’emendamento cinghiali?

Nel 2022 qualcuno si è preoccupato perché andando a buttare la spazzatura ha trovato un cinghiale ad aspettarlo davanti al cassonetto. Nel 2023 forse a qualcun altro capiterà di trovare, vicino allo stesso cassonetto, una persona con un fucile che aspetta il cinghiale. Non è detto che gli abitanti del quartiere si sentiranno rassicurato da questo scambio. Eppure questa è la finalità dichiarata della norma che il governo si accinge a far passare: sdoganare l’uso di fucili all’interno di parchi nazionali e aree urbane per far fronte alla proliferazione di animali che creano preoccupazione agli agricoltori e in alcuni casi ai cittadini. La possibilità è stata inserita in un emendamento alla legge di Bilancio approvato nelle scorse ore in Commissione e ha scatenato un putiferio. Non c’è accordo nemmeno sull’interpretazione della norma e sulle parole da usare. Anche perché dichiarare che si apre la caccia all’interno dei parchi e delle città suonerebbe un po’ forte. Tuttavia se si invitano i cacciatori, sia pure dopo un corso di addestramento, ad andare a fare una battuta ai cinghiali è difficile farsi venire in mente una parola diversa da caccia per descrivere questa attività.

 

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